La sintesi dei principali avvenimenti finanziari
Borse ancora complessivamente positive in settimana, dollaro sempre debole, tassi in calo e prezzi delle materie prime altalenanti.
Le banche centrali e l’inflazione rimangono il fondamento delle scelte dei mercati in questo periodo: le parole del Presidente della Federal Reserve Powell che ha aperto ad un rallentamento del rialzo dei tassi USA già dalla riunione di politica monetaria di dicembre hanno aiutato l’andamento dei titoli azionari, così come i dati di inflazione in calo pubblicati negli Stati Uniti e nell’area dell’euro, anche se in quest’ultimo caso la Banca Centrale Europea ha ammonito che il picco dei prezzi al consumo non è necessariamente alle nostre spalle.
I dati sull’attività economica hanno ugualmente aiutato: nonostante l’inversione della curva dei tassi sul dollaro, che in passato si è dimostrata un efficace predittore di un’incipiente recessione, il moderato ma positivo aumento dell’occupazione negli Stati Uniti è stato letto come un segnale favorevole. Anche in Italia il mercato del lavoro ha espresso un dato interessante, con il raggiungimento della maggiore occupazione rispetto alla forza lavoro nell’ultimo mezzo secolo.
Nessuna novità di rilievo dallo scenario geopolitico e in particolare dalla guerra in Ucraina, mentre in Cina, dopo intense e inusuali proteste di piazza che hanno coinvolto varie città, le autorità hanno deciso di allentare alcune delle restrizioni in atto contro il Covid.
Nella settimana che inizia, pressoché esaurite le pubblicazioni dei risultati trimestrali delle aziende e in assenza di eventi di particolare rilievo, ad eccetto forse della riunione virtuale dei paesi OPEC+, dalla quale però gli analisti non si attendono grosse novità a fronte di uno scenario incerto, l’attenzione si concentra sui dati congiunturali. Tra questi da segnalare gli indici PMI della fiducia delle aziende nell’area euro, in Francia, in Germania e in Cina, le vendite al dettaglio dell’area euro, l’indice ISM del settore dei servizi negli Stati Uniti, la variazione del PIL dell’area euro, la produzione industriale in Germania, l’indice dei prezzi al consumo in Cina e infine la fiducia dei consumatori statunitense calcolata dall’Università del Michigan.