Le elezioni tedesche, tra populismo e rigore
Una prima analisi
Nonostante “Mutti” Angela Merkel sia riuscita a conquistare il suo quarto cancellierato, che la potrebbe portare ad eguagliare il record di permanenza nella carica del suo mentore Helmut Kohl, le elezioni legislative tedesche non sono andate troppo bene per i due principali partiti: la CDU della Merkel, appunto, e la SPD di Martin Schulz.
A beneficiare della sconfitta dei partiti al governo sono stati soprattutto gli euroscettici di AfD e i liberali del FDP. Le reazioni dei commentatori, soprattutto qui in Italia, si sono concentrate sui 94 seggi vinti nel Bundestag da AfD, un po’ frettolosamente dipinto come partito “populista”. Vero è che la piattaforma programmatica del partito si è progressivamente spostata dal tema prettamente economico dello scetticismo nei confronti dell’euro a un più ampio spettro di istanze “populiste”, incentrate in particolare su uno stretto controllo dell’immigrazione, soprattutto in chiave anti-islamica, che hanno fatto breccia nei Länder della ex Germania dell’Est, dove è più alto il tasso di disoccupazione e — paradossalmente — minore la presenza di immigrati. La parabola sembra ricalcare in qualche modo il riposizionamento di altre forze “populiste” in Europa, quali il Front National in Francia o la Lega Nord nel nostro paese. Alcune incaute dichiarazioni di esponenti di AfD sulla seconda guerra mondiale e l’Olocausto hanno anche paventato un ritorno neonazista che appare però francamente esagerato. Va inoltre notato che, pur non trascurando l’importanza di questa nuova forza politica all’interno del parlamento tedesco e il fatto che in alcune aree del paese abbia conquistato la maggioranza relativa dei consensi, sul piano nazionale la percentuale dei voti ottenuti è allineata ai risultati conseguiti dai partiti “populisti” ed euroscettici negli altri paesi europei.
Minor enfasi è stata invece data nei commenti alla crescita del FDP all’interno del panorama politico tedesco. Di orientamento liberale, custode dell’ortodossia ordoliberista che ha influenzato la politica economica della Germania in tutto il dopoguerra, il FDP dovrebbe essere — insieme ai Verdi — l’alleato della Merkel nel governo di futura costituzione. Seppur auspicabilmente contemperato dal pragmatismo della Cancelliera, la piattaforma programmatica dei liberali, improntata al massimo rigore nei conti pubblici, rischia di riflettersi sul nuovo approccio tedesco alle politiche comunitarie. A farne le spese potrebbe essere innanzitutto il neonato asse franco-tedesco con Macron, che la Merkel avrà maggiore difficoltà a rafforzare, date le differenze esistenti tra le idee del Presidente francese e quelle dei nuovi alleati di governo, come sintetizzato in un interessante schema prodotto da Bloomberg.
Le politiche economiche proposte dai partiti tedeschi a confronto con le idee di Macron (da Twitter, @MxSba, https://twitter.com/MxSba/status/910047349216546816)
Ma scorrendo lo schema emerge anche in modo chiaro il rischio di una crescente divergenza tra il “nocciolo duro” dell’eurozona e la periferia. Il FDP punta a cancellare lo European Stability Mechanism (ESM), che la CDU vorrebbe far evolvere in un Fondo Monetario “Europeo”, punta a regole più severe di politica fiscale con sanzioni automatiche per le nazioni inadempienti, punta a creare meccanismi di ristrutturazione “ordinata” del debito sovrano all’interno dell’eurozona e a riformare i Trattati per permettere l’uscita dall’euro senza perdere lo status di membro UE. Insomma, una piattaforma programmatica che non vorrebbe fare sconti all’europeriferia e che certamente non va nella direzione di un coordinamento delle politiche fiscali, figuriamoci di ipotesi di mutualizzazione del debito.
Esistono, peraltro, importanti differenze anche tra le proposte di liberali e Verdi, per cui le trattative per la formazione del nuovo governo non saranno sicuramente semplici. Ma — a meno di un ripensamento della SPD e di una riedizione della Grosse Koalition che ha governato il paese negli ultimi quattro anni — la strada per la Merkel è obbligata e la sola alleanza possibile è la coalizione “Giamaica” tra CDU, FDP e Grünen. Starà al celeberrimo pragmatismo della Cancelliera far convivere queste anime tenendo conto degli umori dell’opinione pubblica tedesca e riuscire poi a sintetizzare queste istanze in Europa in un modo costruttivo per la tenuta dell’Unione. Tuttavia, con i venti di allentamento del QE europeo, il prossimo avvicendamento di Draghi alla guida della BCE e un esecutivo tedesco più rigorista se possibile del precedente, il rischio di qualche addensamento di nubi sull’Europa nel medio termine si fa più consistente.