Should i stay or should i go

Di Francesca Cerminara

Entro la fine dell’anno il presidente Trump dovrebbe annunciare la sua nomina per la presidenza Fed, dopo che scadrà la nomina della Yellen nel gennaio 2018. I repubblicani non hanno mai nascosto la loro preferenza per un candidato più aggressivo sui temi di politica monetaria, ma di recente, Mr Trump sembra aver apprezzato l’atteggiamento prudente del presidente in carica.

Il percorso di tightening intrapreso si è riflesso solo sui segmenti a breve termine della curva americana, con i tassi a 10 anni che rimangono posizionati al livello di settembre 2015. Molta letteratura si è spesa per spiegare questo movimento, arrivando ad attribuire gran parte dell’appiattimento della curva americana al così detto Term Premium, influenzato dalle politiche non convenzionali poste in essere, in particolar modo agli acquisti su larga scala di titoli.

Molti i modelli che hanno cercato di quantificare l’effetto LSAP (large scale asset purchase) per provare inoltre a stimare l’impatto che la normalizzazione del bilancio Fed avrà sui tassi a lungo termine.

L’economia americana infatti è pronta a sopportare gli effetti del cambiamento nella politica di reinvestimento dei titoli nel portafoglio SOMA. Le regole sono già state annunciate e prevedono un ammontare massimo di titoli che saranno lasciati scadere (6 miliardi al mese, incrementato di 6 ogni trimestre fino ad un massimo di 30 per i Treasury, e 4 miliardi al mese, incrementato di 4 miliardi ogni trimestre fino ad un massimo di 20 per gli MBS), quello che ancora deve essere reso noto è l’entità complessiva della riduzione di bilancio e quindi quanto tempo durerà la normalizzazione. Sarà infatti l’aumento di offerta che impatterà maggiormente sui rendimenti.

Dal 2008 ad oggi la Fed ha raggiunto quasi quota 4,5 trilioni di dollari in titoli. Il mercato è in attesa della riunione del FOMC del 20 settembre dove potrebbe essere attivato il programma di riduzione, che mantenuto nel tempo dovrebbe riportare il bilancio verso i livelli pre-crisi.

Secondo la recente Fed Notes, The effect of the Federal Reserve’s securities holding on longer-term interest rates, il modello di stima del Term Premium di Li e Wei mostrerebbe che la politica degli acquisti ha prodotto un effetto restrittivo sul premio richiesto per detenere titoli a maggior scadenza di circa -100bp. Dal 2016 per effetto del solo invecchiamento del portafoglio SOMA, il Term Premium pesa sui tassi per circa 85 bp fino a tornare in territorio leggermente positivo dopo il 2024. Naturalmente questa stima è direttamente influenzata non sono dalle curve dei tassi, ma anche maggiormente dall’andamento dell’offerta di titoli.

 

Fonte: Quaterly Report on Federal Reserve Balance Sheet (August 2017)

Diventa quindi fondamentale conoscere come Fed e Tesoro gestiranno questa nuova fase del cambiamento. La Fed proprio per non pesare eccessivamente sui mercati potrebbe concentrarsi ora sulla riduzione del bilancio, mettendo in pausa il percorso restrittivo sui tassi (le probabilità implicite nei Fed Funds rimangono molto basse anche per il mese di dicembre)

mentre il Tesoro potrebbe decidere di concentrare la maggior quantità di emissioni sul tratto a breve della curva. Nei prossimi mesi assisteremo quindi ad una pressione sulla curva americana, ma se le autorità riusciranno nell’intento di guidare un processo ormai inevitabile le conseguenze per il mercato del reddito fisso potrebbero non essere preoccupanti. Sperando che l’incognita del SE non spinga i Clash a dedicare una nuova versione alla Yellen di  “if she stays there will be trouble and if she goes it will be double”.